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I limiti alla facoltà del datore di lavoro di stabilire il periodo delle ferie del lavoratore

Nozioni Giuridiche dell'Avvocato Dario Curti

Ai sensi dell’art. 2109 c.c., “il prestatore di lavoro ha diritto ad un giorno di riposo ogni settimana di regola in coincidenza con la domenica. Ha anche diritto ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro.” Ciò, pertanto, il periodo di fruizione delle ferie da parte del lavoratore è stabilito dall’imprenditore, ma quest’ultimo, nell’esercitare tale facoltà, deve tener conto, si, delle necessità dell’attività imprenditoriale, ma, comunque, in concomitanza con gli interessi del prestatore. 

Inoltre, sempre ai sensi dell’art. 2109 c.c., “l’imprenditore deve preventivamente comunicare al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie” e “non può essere computato nelle ferie il periodo di preavviso indicato nell’articolo 2118”. Allora, appare senz’altro rilevante, in tale scenario, richiamare l’orientamento predominante della giurisprudenza, secondo cui il datore di lavoro nell’organizzare i turni di ferie: “…deve tenere conto anche degli interessi del prestatore di lavoro. In sostanza l’imprenditore deve organizzare il periodo delle ferie in modo utile per le esigenze dell’impresa, ma non ingiustificatamente vessatorio nei confronti del lavoratore e dimentico delle legittime esigenze di questi” (Cass. sent. n. 13980/2000).

Un altro principio, dunque, particolarmente importante nell’ambito che interessa ai fini della presente trattazione, è quello secondo cui le ferie devono essere godute entro l’anno di lavoro e non successivamente, come emerge proprio dalla lettura dell’art. 2109 c.c. e come ribadito dalla giurisprudenza costituzionale, sin dalla storica sentenza 19/12/90, n. 543 . In tale contesto, si inserisce anche l’art. 10 del D.Lgs. n. 66/2003, secondo cui “Fermo restando quanto previsto dall’ articolo 2109 del codice civile, il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Tale periodo….va goduto per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell’anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione. Il predetto periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro”.

Ed, allora, si fa spazio un ulteriore ed ultimo spunto di riflessione: cosa accade se, però, il prestatore di lavoro non fruisce delle ferie maturate nel termine annuale di cui all’art. 10 del D.Lgs. n. 66/2003 e cioè venga, in ogni caso, impiegato anche durante il periodo in cui avrebbe dovuto riposare? Importante, a tal proposito, una recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione n. 26160/2020: “è certamente integrato il presupposto dell’obbligo contributivo richiesto dalla L. n. 153 del 1969, articolo 12 giacché la prestazione è stata resa in un periodo in cui la stessa non avrebbe dovuto essere resa, generandosi una maggiore capacità contributiva, quantificabile in termini economici quale indennità per le ferie non godute”. 

Avv. Dario Curti

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