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E ALLORA L’AMORE È IMMORTALE

Ulay e Marina: una coppia che ha trasformato l’amore in un’opera d’arte

Due grandi performer del XX secolo.
Coppia di vita e di arte in una relazione travolgente, una calamita l’uno per l’altra.
 Nati entrambi il 30 novembre, ma in anni diversi, lei nel 1946, serba di Belgrado, e lui nel 1943, tedesco, si conobbero ad Amsterdam nel 1976.
Fu amore a prima vista, e il loro sentimento si tramutò anche in un sodalizio artistico “The Other” che, per più di un decennio, regalò al mondo performance spettacolari e creative, sempre nel solco della nascente Performance Art in cui il corpo e le sue massime rappresentazioni sono il vero strumento di lavoro.
Realizzarono performance complesse che li legó sempre di più, in un rapporto simbiotico, in cui resero visibili le differenze e le necessità del legame di coppia.
Ad un certo punto della loro storia decidono di diventare nomadi, ed anche questo diventa arte, e trascorrono 5 anni a bordo di un furgoncino Citroen convinti che stare insieme sia usare lo stesso metro quadro, vivere di nulla, filmarsi, fotografarsi, coccolarsi.
 
Tra i loro massimi lavori ricordiamo:
Relation in space (1976) l’attrazione reciproca ispirata al meccanismo del pendolo di Newton in cui i due aritisti prendono la rincorsa e vanno l’uno verso l’altra.
 
Imponderabilia (1977) che ha costretto gli spettatori della Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna a superare l’imbarazzo costringendoli a entrare nel museo oltrepassando i loro corpi completamente nudi.
 
Breathing in/breathing out (1977-1978) il cui senso era mostrare quanto l’uomo sia capace di assorbire e distruggere la vita altrui.
 
Rest Energy (1989) l’equilibrio alla base della coppia dove a unirli e separarli allo stesso tempo c’era un arco teso: lei lo impugnava, lui teneva tesa la freccia puntata sul suo cuore. La minima esitazione avrebbe segnato la fine della performance, rappresentazione simbolica dell’equilibrio e del bilanciamento dei ruoli nella coppia.
 
Più la fama cresceva più il loro rapporto si deteriorava. L’arte che fino a quel momento li aveva uniti li divide. Perdono la simbiosi e invece di tentare di vivere insieme ognuno la propria vita decidono di separarsi ma decidono di farlo a modo loro.
Nel 1988, dopo 12 anni, decidono di dirsi addio, una decisione sofferta che trasformano in un atto artistico.
L’avvenimento prese il nome di The Great Wall: Lovers at the Brink, e la BBC ne fece un documentario.
Marina e Ulay decisero di camminare ognuno ai due estremi opposti della Grande Muraglia Cinese, incontrandosi poi a metà strada.
Dopo novanta giorni di viaggio e 2500 km percorsi il loro amore finì così come era iniziato. Semplicemente.
 
Marina e Ullay da quel momento non ebbero più rapporti.
 
Ma in realtà la storia non finisce qui.
Nel 2010 Marina è a New York per preparare una performance al MOMA in cui resterà seduta su una sedia per tre mesi, sette ore al giorno per sei giorni a settimana, immobile, dove, a turno, i visitatori possono sedersi di fronte a lei e condividere due minuti di silenzio ed emozioni.
Il primo giorno inaspettatamente si presenta anche il suo ex compagno Ulay.
 
Marina, come non era mai successo in nessuna delle sue performance, si lascia andare all’emozione non appena i suoi occhi incrociando quelli del grande amore della sua vita, si riempiono di lacrime e le sue mani si allungano sul tavolo a stringere quelle dell’uomo sempre amato.
 
“- Cos’è l’Amore?
– L’Amore è un’opera d’Arte.
– E cos’è un’opera d’Arte?
– L’Opera d’Arte è qualcosa di immortale”
 
E allora l’Amore è immortale.

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