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IL CHIRURGO ROSA

Intervista alla d.ssa Simona Parisi , medico chirurgo specializzata in chirurgia generale e senologa

Abbiamo intervistato per il nostro magazine la dottoressa Simona Parisi medico chirurgo specializzata in chirurgia generale,  assegnista di ricerca e senologa.  inoltre diplomata Siumb di ecografia in  senologia. Per approfondire l’argomento di come curare e prevenire il  tumore della mammella e cercare di comprendere gli aspetti di questa patologia.

 

Ci parli diel suo persorso formativo professionale?

Mi presento. Sono Simona Parisi, chirurgo dedicato alla Senologia. Sono anche Assegnista di Ricerca presso l’Università Vanvitelli di Napoli, dove sto conducendo ricerche in ambito senologico, in particolare sulle correlazioni tra cancro della mammella, indice di massa corporea ed ormoni sessuali circolanti.

 

Il senologo di cosa si occupa?

La Senologia una disciplina piuttosto complessa, per la quale non esiste una scuola di specializzazione canonica come per altre branche. Una proposta di legge del Senatore Stucchi del 2013 tentava di istituire una scuola equipollente, ma non si è trasformata in legge attuativa. Oggi, diverse figure quali il radiologo, l’oncologo, il chirurgo possono occuparsi di senologia sviluppando delle competenze specifiche in tale ambito o attraverso percorsi formativi alternativi. 

Il Senologo si occupa della gestione di tutte le patologie che interessano la mammella, della donna e dell’uomo, nella piena consapevolezza della necessaria predisposizione al confronto multidisciplinare, soprattutto per quanto concerne le forme di cancro di cui si fa carico la Breast Unit, la struttura in cui convergono tali molteplici professionalità. 

 

Che cos’è la Breast Unit?

Una Breast Unit è una unità operativa che si occupa della gestione a 360 gradi delle problematiche inerenti il cancro della mammella. Ne fanno parte radiologici, chirurghi generali e plastici (o una nuova figura professionale, il chirurgo oncoplastico, in grado di affrontare sia la tappa demolitiva che la fase ricostruttiva della chirurgia senologica), oncologi, radioterapisti, psico-oncologici, infermieri specialistici, anatomo-patologi, nutrizionisti. Nelle Breast Units c’è la possibilità di seguire un percorso ben codificato, nel rispetto delle linee guida e dei PDTA (piano diagnostico-terapeutico assistenziale).

 

Quali sono i segnali che devono insospettire?

In genere, il tumore della mammella tende a presentarsi come un “nodulo di nuova comparsa”. Appare duro, poco mobile, non procura dolore. Può essere associato o meno ad altri segni: la secrezione mono-orifiziale dal capezzolo, soprattutto se marrone o ematica, la retrazione cutanea, l’introflessione del capezzolo, la presenza di noduli a livello ascellare. Tuttavia, esistono anche delle forme più complesse con comparsa di eczema del capezzolo, lesioni cutanee o mastiti. In tutti questi casi è fondamentale rivolgersi quanto prima al proprio senologo di riferimento. 

 

Quindi per fare prevenzione è sufficiente fare una costante auto-palpazione?

In realtà è utile, ma non sufficiente. Insomma, è pur sempre meglio farla che non farla e raccomandiamo autopalpazioni mensili per incentivare le donne a tenere sotto controllo il proprio seno e cogliere quanto prima delle trasformazioni. Tuttavia il nostro obiettivo, in termini di prevenzione, si è spostato verso forme più precoci, dette anche pre-cliniche. Si tratta di noduli piccolissimi, tanto da non essere palpabili in nessun caso perché presentano diametro di 4-5 millimetri, ad esempio. Tali neoplasie possono essere gestite con un approccio chirurgico meno demolitivo, mini-invasivo, consentendo anche un miglior risultato estetico, e sono caratterizzate da un decorso migliore, con ottime aspettative di guarigione.

 

Come si fa a fare diagnosi precoce allora?

Grazie agli screening. Ci sono due possibilità. Gli screening organizzati dal Sistema Sanitario Nazionale consistono nell’invito a sottoporsi a Mammografia con cadenza periodica alle donne di età compresa tra i 45 anni e i 70 anni. Fino ai 50 anni è raccomandata una mammografia annuale, mentre in seguito una ogni 2 anni. Solo in caso di dubbi, la donna è richiamata per un approfondimento ecografico, che può ricondurre ad una diagnosi benigna o può richiedere altre indagini.  La seconda possibilità è affidata all’organizzazione in forma autonoma, con controlli strumentali e visite senologiche cadenzate nel tempo.

 Quali sono gli esami a cui può sottoporsi una paziente?

L’esame principe è la Mammografia: lo definisco “principe” perché nelle fasce d’età a maggior rischio è insostituibile. È un esame semplice, che non espone a elevate dosi di radiazioni ionizzanti e si può effettuare anche una volta all’anno senza timore. Offre una immagine panoramica della mammella e del prolungamento ascellare. Attualmente, la maggior parte delle Mammografie sfrutta la Tomosintesi, che consiste nella ricostruzione di una immagine che nasce dalla somma di scansioni 3D, con un aumento della sensibilità diagnostica nelle mammelle più complesse, come quelle dense giovanili. 

L’ecografia, dopo i 40 anni, ha un ruolo complementare a e andrebbe eseguita sempre dopo la mammografia. Infatti, l’ecografia ha una migliore capacità nel caratterizzare i noduli e le anomalie messe in evidenza dalla mammografia, mentre non gode della possibilità di una immagine complessiva di tutto l’organo. Prima dei 40 anni, l’ecografia si esegue in prima battuta, in quanto la mammella delle giovani è difficilmente esplorabile dai raggi X. 

Se tali indagini evidenziano una lesione, si possono valutare degli approfondimenti. L’agobiopsia consente di prelevare dei frustolini del nodulo sospetto per ottenerne un esame istologico affidabile quasi quanto quello fatto sul pezzo operatorio. L’agoaspirato, particolarmente in voga nei decenni passati, è stato quasi totalmente soppiantato dall’agobiopsia, perché meno sensibile e capace di dare informazioni sulla qualità delle cellule e non sul tessuto; poiché in caso di cancro alcune donne possono giovarsi di trattamenti neoadiuvanti che possono ridurre le dimensioni del nodulo prima della chirurgia, l’esame microistologico è necessario per scegliere la migliore strategia terapeutica. 

La Risonanza Magnetica (da eseguire sempre con infusione di mezzo di contrasto) può essere utile in caso di dubbio e per verificare eventuali multifocalità o multicentricità. In alternativa, per le portatrici di pace-maker, può essere utile la CESM, una mammografia con iniezione di mezzo di contrasto, disponibile ancora in pochi centri sul territorio. 

 Quali sono le donne a più alto rischio?

L’età più colpita è tra i 45 e 50 anni. La multiparità, un allattamento adeguato, l’esercizio fisico e una buona dieta sono sicuramente dei fattori protettivi. Menopausa tardiva, menarca precoce e uso di trattamenti ormonali, espongono a maggiori rischi. 

Nelle pazienti a rischio elevato è utile un timing dei controlli più stretto, con inclusione anche di RM mammaria. 

La maggior parte delle neoplasie della mammella non sono ereditarie, ma sicuramente la presenza di mutazioni BRCA 1 o 2, costituisce un fattore di rischio importante e va sempre indagata in pazienti con cancro mammario e familiarità di primo grado. 

 

In cosa consiste oggi la chirurgia della mammella?

La chirurgia senologica tende a trattamenti sempre meno demolitivi. Pertanto, gli interventi più praticati sono la quadrantectomia (asportazione di un quarto dell’organo) con la biopsia del linfonodo sentinella, il primo che drena la linfa dal seno, per valutarne la metastatizzazione. In casi selezionati si può procedere anche a tumorectomia, ossia all’asportazione del solo nodulo. 

Proprio pochi giorni fa è stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale In Vivo uno studio che abbiamo condotto alla Vanvitelli sull’uso di un sistema che permette al chirurgo di individuare lesioni piccolissime, non palpabili, per consentirne la rimozione in piena sicurezza. Si tratta di una tecnica combinata con la Ecografia intraoperatoria e la Vanvitelli è la prima struttura campana ad averla a disposizione. 

La mastectomia trova indicazione nei tumori multicentrici, quando la chirurgia conservativa non è possibile per uno scarso volume della mammella. Dopo aver rimosso tutto il seno, si può impiantare immediatamente un espansore tissutale che prepara una tasca dietro al muscolo grande pettorale, che può ospitare la protesi in silicone. Questo percorso può consistere in interventi consecutivi per la ricostruzione del complesso areola-capezzolo e per simmetrizzare la mammella controlaterale. In alternativa all’espansore, il chirurgo plastico può ricostruire il volume ghiandolare utilizzando lembi o innesti autologhi.

 

 Cosa consiglia alle donne?

In primis, di essere sempre informate. Il cancro della mammella colpisce una ogni 8 ma nel 90% dei casi circa non uccide e si supera. Ciò è vero quanto più la diagnosi è precoce. Per cui il mio invito è a controllarsi in tutti i modi possibili: bene l’autopalpazione, benissimo la visita senologica ma meglio ancora aderire agli screening e ai programmi di prevenzione. Dobbiamo essere ambiziose e giocare di anticipo: scoprire il cancro e sconfiggerlo prima che diventi clinicamente evidente e palpabile. Prevenire, davvero salva delle vite. Buona prevenzione a tutte. 

 

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