Coronavirus: intorno a Pechino, la psicosi è in aumento
Per proteggersi dal virus 2019-nCoV, i comitati locali dei villaggi vicini hanno gradualmente preso la decisione di isolarsi.

(Pechino) – È iniziato giovedì e la quarantena di Wuhan. Il villaggio di Xianrendong, un luogo noto per i suoi ristoranti di campagna intorno a Pechino, ha proibito a chiunque di entrare. Situato a 40 minuti dal centro della capitale, questo villaggio turistico, gestito nei fine settimana e nei giorni festivi dal pechinese, è stato un luogo di villeggiatura per il nuovo anno. Quest’anno, con l’epidemia del coronavirus, gli abitanti del villaggio hanno preferito stare tra di loro.
Da allora, la moda ha preso piede e le commissioni locali nei villaggi vicini hanno gradualmente preso la decisione di isolarsi. Segni scritti a mano su bandiere rosse sono fioriti in tutta la Cina. “Nessun incontro, nessuna visita, le infezioni sono evitate.” Ancora più esplicito: “Qui, nessuno entra.” Il messaggio è chiaro.
In Cina circa 60 milioni di persone sono di fatto in quarantena dopo l’isolamento totale dell’area di Hubei, dove tutto è cominciato, e le restrizioni parziali in diverse altre città. A Wuhan sono iniziati i lavori di un secondo ospedale d’emergenza. Le due nuove strutture apriranno il 3 e il 5 febbraio. Nel resto del Paese, dove le vacanze di Capodanno lunare sono state prolungate fino al 2 febbraio, la maggior parte dei residenti, spaventati, diserta centri commerciali, cinema e ristoranti. E colossi stranieri del calibro di Ikea e Starbucks hanno deciso di chiudere la metà dei loro negozi in tutto il paese, mentre anche Toyota ha fermato la produzione. Ci sono riflessi anche nelle attività sportive. Pechino ha annullato le gare del mondiale di sci, mentre la nazionale di calcio è stata messa in quarantena in Australia e la squadra di Wuhan si è vista annullare una partita in Spagna. E si rinviano al 2021 anche i mondiali indoor di atletica, che erano in programma a marzo.
Prosegue anche la ricerca di una cura, anche se non si sa ancora molto del virus. La malattia è diffusa quasi dappertutto in Cina, con casi sospetti anche in Tibet: questo suggerisce che il virus non si dilaga solo in aree urbane densamente popolate, ma anche in zone rurali e remote. Al vaccino si sono messi a lavorare anche esperti americani e russi, a cui i cinesi hanno fornito il genoma per effettuare test istantanei. Il pericolo è che l’epidemia esploda con virulenza fuori dalla Cina, dove finora il numero dei contagi è relativamente contenuto, nell’ordine dell’1%.
Il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus, appena rientrato dalla Cina, ha lodato gli “sforzi straordinari” di Pechino per contenere il virus. Allo stesso tempo, tuttavia, ha convocato per domani una riunione d’emergenza dei suoi esperti, per valutare se ci siano gli estremi per dichiarare lo stato d’emergenza internazionale. Negli altri paesi si adottano le contromisure. Le compagnie di bandiera britannica e tedesca British e Lufthansa hanno sospeso i collegamenti con la Cina, gli Usa valutano di imporre il blocco temporaneo per tutti i voli americani. E soprattutto, sono iniziati i rimpatri degli stranieri. I primi 200 sono sbarcati a Tokyo con un volo charter partito da Wuhan. Non hanno sintomi, ma resteranno a casa per 2 settimane. Anche 200 americani, incluso personale del consolato, sono arrivati in California e saranno tenuti in isolamento a tempo indeterminato. Australia, India, Corea del Sud e Regno Unito si preparano.
Per quanto riguarda gli europei, l’Ue ha reso noto che ci sono circa 600 persone che vorrebbero lasciare la Cina. Parigi pensa a rimpatriare un primo gruppo di francesi venerdì. L’Italia, ha reso noto La Farnesina, sta lavorando per inviare un aereo domani a Wuhan. Un mezzo operato dal Comando Operativo di Vertice Interforze con personale medico specializzato a bordo. Circa sessanta connazionali vogliono partire, 3-4 pensano di restare in Cina. Al loro rientro, stimato in 48-72 ore, l’ipotesi più accreditata per motivi logistici è che trascorrano i 14 giorni di ‘sorveglianza’ sanitaria in una struttura militare.
Sul fronte dei contagi, in Italia tutti i casi sospetti si sono rivelati negativi ai test e il ministro della Salute Roberto Speranza ha invitato a non “fare allarmismo”, pur ammettendo che la situazione è “molto seria”. Domani informerà il Senato sulla situazione. Le autorità sanitarie degli Stati Uniti stanno tentando di sviluppare un vaccino contro il coronavirus che ha avuto origine in Cina. Lo hanno riferito fonti ufficiali. “Abbiamo già cominciato, insieme con diversi nostri collaboratori”, ha detto Anthony Fauci del National Institutes for Health. Si tratta di un processo lungo e che presenta incertezze, ha spiegato Fauci, “ma stiamo procedendo come se si dovesse produrre un vaccino. In altre parole, stiamo considerando lo scenario peggiore, ovvero che si verifichi una ulteriore diffusione“.