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E chi se lo immaginava che, un giorno, avrei rappresentato Woody Allen alla mostra del cinema di Venezia

Incontro con Yari Gugliucci, attore e artista poliedrico, in questi giorni presente alla 77esima Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia dove presenterà il corto "Waiting for Woody", tributo alla star americana.

Il suo è un percorso artistico sempre più internazionale : dalla città di Salerno agli Stati Uniti, all’Actor’s Studio di New York, fino agli Oscar, calcando i red carpet più importanti dello star system internazionale.
Sto parlando di Yari Gugliucci, classe 1974, laureato in sociologia, una specialistica in filosofia e da oltre vent’anni presente sulle scene teatrali, cinematografiche e televisive. Vanta collaborazioni con grandi registi come Lina Wertmuller e i fratelli Taviani, numerosi premi e riconoscimenti, ha calcato la scena teatrale con artisti internazionali del calibro di Michelle Pfeiffer e Kevin Kline oltre ad esibirsi, ciclicamente, sull’esclusivo palco del Carlyle Hotel dove da vent’anni, ogni lunedì sera, suona il suo clarinetto Woody Allen.E ora Yari, reduce del Giffoni film festival, è uno dei protagonisti della 77esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia dove presenterà il corto “Waiting for Woody”: follia che nasce dal suo “amore” Allen.Lo abbiamo incontrato un pomeriggio a Salerno, in un Bar al centro, alla vigilia della sua partenza per Venezia, alle prese con i preparativi e le prove dello smoking che, a suo dire, gli andava ancora un poco stretto. Il nostro è stato un incontro assai piacevole e allegro : Yari è davvero un artista poliedrico ed eclettico, un fiume di parole, un’onda di piena che travolge. Mi sono trovata di fronte a un uomo strutturato ed empatico, con la battuta sempre pronta e un fare scanzonato. Ha riso e sorriso spesso, Yari, durante la nostra chiacchierata, e in certi frangenti mi colpiva il suo entusiasmo, tipico di un bambino che spalanca gli occhi quando racconta storie incredibili! E ne ha raccontate di cose lui, destreggiandosi, con disinvoltura, tra ricordi e confidenze, speranze e desideri. E sogni, ancora “in corso”.


Yari, ma è vero che a scuola non eri bravissimo e che hai cambiato vari istituti? Ho letto che hai dichiarato di essere cresciuto con uno sguardo di mortificazione e che poi il teatro ti ha salvato…
Tutto vero. Da ragazzino credevo di non valere niente, avevo difficoltà a imparare e subìvo lo sguardo severo della mia famiglia. E poi un giorno mi sono chiuso in bagno a leggere Shakespeare, era Giulio Cesare, sono uscito e ho recitato 16 pagine a memoria. Mio zio, stupìto, chiamò nonna, la quale mi chiese “… e perché stiamo da due giorni con tre pagine di storia?”. Ecco, ancora oggi faccio solo quello che mi va. Mia madre, ripensando a mia nonna, a volte mi dice “ah se sapesse che mò scrivi dei libri!”

Infatti tu sei autore di due libri ” Billy Sacramento” e ” Secondo Billy Sacramento”. Mi sei diventato un intellettuale?
In effetti, nell’ambiente, mi danno dell’intellettuale, mi definiscono persino “uomo di cultura” perché scrivo e insegno recitazione. Io, invece, mi sento profondamente ignorante su tanti argomenti.

Preferisci essere considerato un sex simbol, allora ? Ho visto che sei stato spesso fotografato con tante belle attrici di successo come Micaela Ramazzotti, Sharon Stone, Letizia Casta, Claudia Gerini, Isabelle Adjani, Barbara Snellenburg… ne ho scordata qualcuna?
Aspè… fammici pensare un attimo (ride). Laura, ti rispondo parafrasando un vecchio nobile ” Io parlo con le donne non delle donne”. E lascio ai giornalisti la libertà di scrivere quello che vogliono, se mi attribuiscono il titolo di sex simbol… beh, me lo tengo volentieri.

Tu hai debuttato al cinema con un mostro sacro: Lina Vertmuller e lei ti ha voluto con sé anche quando ha ritirato il suo Oscar alla carriera. Eri entusiasta immagino!
Assai! Tu devi sapere prima di tutto che fuori dall’Italia, Lina è un Dio e infatti agli Oscar lei era osannata. Ecco, immagina la scena: a un certo punto avevo Quentin Tarantino che chiedeva a me il permesso di intervistarla e Lina mi chiedeva ” Ma chi è questo? ” “… è uno bravo Lina…” c’era Aldomovar che faceva la fila, Tom Hanks che aspettava: “Tom, non mi dire niente…magari domani a pranzo ” e Lina: ” E mò basta però, mandiamoli affà… e andiamo!” Era tutto incredibilmente surreale, momenti inenarrabili.

Ma so che anche tu hai ricevuto numerosi premi prestigiosi nazionali e internazionali. Sono curiosa: tutte quelle targhette e statuine dove le tieni conservate?
Vero, sono tantissimi premi ma quello che mi ha inorgoglito di più è stato la statuetta mai vinta e cioè l’Oscar alla Carriera alla Vertmuller. Gliel’ho persino detto “Lina, mi hai scelto tre volte per fare film con te, giusto? Allora va pure a me di diritto! E poi, mi hai voluto al tuo fianco a ritirarlo? E dunque è anche mio!” (ride)
Scherzi a parte, conservo tutto a casa di mia madre ma ti confesso una cosa: nessuno di quel riconoscimento ha mai regalato qualche bella opportunità alla mia carriera, mi ha solo procurato invidia. Ah…e pure un aumento di messaggi in privato sui Social network.

Non mi pare tu sia molto attivo sui tuoi profili social o, quantomeno, non come tanti tuoi colleghi, come mai?
Beh… io li uso per condividere cose che riguardano il mio lavoro, non la mia vita privata. E se mi scrivono, io sono educato e rispondo a tutti per quanto è possibile. Ma tu lo sai quante fashion blogger e/o influencer mi hanno scritto in privato perché mi volevano accompagnare a Venezia per fare il red carpet? “Vengo con te?” “Con me? Ma in qualità di cosa? A fà che? Non sei nel film, nel cast…vieni in qualità di che?” Io ‘ste cose non le concepisco. Guardo questi profili con centinaia di migliaia di followers, foto del sushi, del drink, oggi a Venezia, domani a New York… ma che lavoro fa ‘sta gente? Pensa che io ho solo 6mila followers e li conosco pure tutti e 6mila, mi ci scambio persino gli auguri di Natale con tutti i 6mila !( ride).

Tra tutte le cose che hai fatto, ho letto che ti sei esibito a Los Angeles in una sorta di One Man Show e che in prima fila a guardarti non c’era solo lo zio Peppino di turno ma Di Caprio, il cast di Desperate housewives e altre star…
Ma sai, la differenza tra recitare in Italia e in America sta in un dettaglio fondamentale e cioè che a ‘casa mia’ mi sento assai giudicato, là invece sali sul palco e già applaudono. In America se fai una cosa ti dicono “Congratulazioni ” qua “Ma comm’ hai fatto?” . Là hanno capito che sostenersi fra artisti porta cose buone a tutti e ti ritorna, qua se possono ostacolarti lo fanno. Purtroppo.

Però so che hai diversi “veri” amici fra i tuoi colleghi che sono tra i tuoi più grandi sostenitori, o sbaglio?
Verissimo! Giancarlo Giannini, Claudia ( Gerini), Veronica( Pivetti) mi/si chiedono spesso: ” ma quando arrivi?”.Ecco, da un lato mi dispiace e mi innervosisce non essere quel nome subito riconoscibile, appena lo pronunci. D’altra parte penso che se diventassi troppo famoso, poi non potrei più sfuggire a quello che faccio: tipo andare a New York ed esibirmi nel locale di Woody Allen, per esempio. Sono convinto che la linea di successo, in questo lavoro, è restare due mm sotto l’apice. Più sali, piu cadi con dolore. E io mi farei assai male se cadessi, perché sono sensibile.

A proposito di Woody Allen, alla Mostra del cinema di Venezia sarà proiettato un cortometraggio tributo alla star americana, presente in un cameo. Ci racconti come è nato questo progetto?
È nato in un Bar di New York. Ho incontrato il mio amico Marco Gallotta, famoso artista italiano con base a New York, che mi ha chiesto:” Dai, lavoriamo insieme?”. E abbiamo iniziato questo percorso. È la storia di un attore e un artista, l’attesa di una risposta che non arriverà mai. In realtà è un tributo a ” Manhattan” di Woody Allen, il tutto montato dal regista Claudio Napoli. Pensa che io scrivevo il soggetto su foglietti volanti, tipo pizzini e quando ho raccontato questa cosa a Woody Allen mi ha detto che anche lui lo faceva sempre, poi si è entusiasmato del progetto e ha voluto regalarci un cameo. Io non avevo il coraggio di chiederglielo ma lui si è davvero generosamente offerto. Poi la Campari l’ha sponsorizzato e insomma questo “viaggio emozionale” folle sarà proiettato a Venezia. E io mai avrei immaginato che, un giorno, avrei rappresentato Woody Allen a Venezia, mai.

Quando ci siamo sentiti ieri al telefono mi hai detto che dovevi andare a misurare lo smoking? Allora, come ti sta?
Mi sta male, mi sta! Marò… sono ingrassato e mò per colpa tua ho mangiato pure le arachidi dell’aperitivo!( ride) Ti racconto un aneddoto: sai che una volta un giornalista di un magazine tedesco Berliner mi ha paragonato a Marlon Brando? In quell’occasione risposi che in comune con lui avevo solo la tendenza ad ingrassare!

Ma è vero che tua mamma, ogni tanto, ancora ti chiede di trovarti un altro lavoro?
Si, me lo dice sempre, fino all’altro giorno. Sai, mio padre è un medico e lei, ogni volta che ne vede uno esclama:”Eh però… pure il dottore è una bella professione eh…” (ride).

Hai dichiarato che per la carriera hai sacrificato la tua vita privata. Quanto ti manca avere un figlio a cui intimare di non azzardarsi a fare l’attore come te?
n realtà mi manca proprio un figlio e ultimamente ci penso spesso anche se sono consapevole che averlo mi cambierebbe la vita.
È un lavoro difficile, questo, che mi ha tolto il sonno, una famiglia mia, non ho moglie e manco figli, appunto. Ma io ho l’urgenza di recitare, è come la droga per un tossico, la mia missione, non ci posso fare niente. Però mi piacerebbe avere una donna che mi aspetti mentre sono via per lavoro, che mi faccia venire voglia di tornare a casa dopo ogni mio viaggio, a cui telefonare per chiedere ” Che vuoi ti porti da New York, domani?”

Si ringrazia per la preziosa collaborazione Rossella Biondi

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