MI SONO DIVERTITO TANTISSIMO A INTERPRETARE FERNANDO NE “L’AMICA GENIALE”
Intervista a Antonio Buonanno, l'attore napoletano noto al grande pubblico per la sua interpretazione di Don Fernando, il padre di Lila, ne "L'Amica geniale", la serie tv evento Made in RAI.
Ciao Antonio! Il grande pubblico ha imparato a conoscerti grazie al ruolo di Don Fernando, il padre di Lila, nella serie “L’amica geniale”. Tu, te lo ricordi ancora il provino che facesti?
“Ciao Laura, certo che sì! Ricordo che fu un provino diviso in due parti, la seconda proprio col regista Saverio Costanzo. Fu intenso, durò quasi due ore ed io ero davvero preparato, come lo sono sempre in realtà. Sai, ho ancora la passione di lavorare intensamente per un provino. Costanzo è stato straordinario su quel set, è riusito a creare energie e sinergie uniche, fatte di incontri fra gli attori, confronti e condivisioni di idee. Una grande esperienza, per me”.
Fernando è un personaggio negativo, brutale e ignorante, frustrato. È stato complicato interpretare un ruolo di questo tipo?
“Posso dire che è stato divertente, invece? (ride, ndr) Sai, per un attore, raccontare un personaggio così, con palesi picchi emotivi, seppur negativi, è assai stimolante. È divertentissimo perché ci devi lavorare su, magari ricercarne i tic, immergersi nelle sue frustrazioni appunto. È un po’ come quando ti travesti a Carnevale, hai la possibilità di usare la fantasia, la creatività, di interpretare un ruolo distante dalla tua realtà. Sai, un attore ambisce a realizzare un verità scenica che funzioni, nel tacito accordo che esiste tra lui e il pubblico. Io attore, faccio una cosa che deve sembrare vera e tu, spettatore, ci devi credere; sappiamo entrambi che è finta, però deve funzionare, come quando l’illusionista taglia a metà la ragazza, sappiamo che è un trucco tuttavia quando ci riesce, restiamo affascinati!”.
A proposito di finzione, una delle scene più crude della serie è quella nella quale Don Fernando colpisce e scaraventa Lila dalla finestra. Che ricordi hai del set, quando l’hai girata?
“Quello, per me, era il mio secondo giorno di set. Arrivammo in questa struttura e ricordo che ero molto concentrato, quasi in trance. Facemmo un solo ciack di quella scena, cosa insolita soprattutto considerando la drammaticità di ciò che stavamo recitando. Solitamente dopo aver girato una scena, Saverio arrivava e dava ulteriori indicazioni e si ripeteva. Quella volta non accadde, allo “stop” il regista mi raggiunse, sotto la ricostruzione della finestra, e mi disse ” Mi hai fatto piagne’… bravo!” Ecco, per me fu una consacrazione, di fronte a tutti poi, bellissimo. Da quel momento mi guadagnai l’affetto e la simpatia di tutti e fu tutto più semplice”.
E ora Fernando esce di scena! Mi sono sempre chiesta cosa provi un attore quando il proprio alter ego deve morire o scomparire definitivamente…
“In realtà io ho tutto un mio rituale che mi porto dietro dagli anni di teatro. Quando si chiude una stagione, o si abbandona un personaggio, io me ne libero completamente e lo ripongo nel cassone dei ricordi, senza tristezza, e mi preparo semplicemente ad accogliere i ruoli successivi”.
Questa è la tua prima esperienza importante televisiva, tu vieni dal teatro. Quali sono le differenze più palesi fra le due arti?
“L’arte della recitazione è una sola. Credo cambi solo l’identità dell’attore che nel teatro è sicuramente più al centro della scena, tutto ruota intorno a lui anche tecnicamente. In un set televisivo, invece, l’attore è solo l’ultima rotellina di un contesto molto più ampio, è la ciliegina sulla torta: la scenografia, la fotografia e la regìa vengono prima di ogni cosa. È un linguaggio diverso”.
E tu, in quale ti trovi più a tuo agio?
“Sicuramente a teatro, non a caso tra poco festeggerò i 30 anni, da quando ho iniziato l’accademia di Arte Drammatica del Teatro Bellini”.
Hai avuto la fortuna di avere maestri artisticamente importanti, anche emotivamente generosi con te..
“Sì, lo dico sempre, ho avuto questa fortuna. Pensa che l’Accademia era diretta da Tato Russo, un innovatore, quello che ha portato il musical in Italia, pur non essendo un genere che ci apparteneva. Ho partecipato poi, per alcuni anni, all’evento di Museum nella Certosa di San Martino organizzata da Renato Carpentieri, un grande intellettuale e maestro. Sono stato con De Filippo, Mario Scarpetta.Il mio lavoro è un artigianato e io ho imparato dai migliori…”
Tu vivi a Napoli. Mi dici un pregio e un difetto di una delle città più belle, ma anche più controverse, al mondo?
“Napoli è una città che ti fa sognare ma può anche farti avere un incubo. Ha delle bellezze indiscutibili nel suo DNA, tuttavia ti dà radici talmente forti da trattenerti troppo, in certi casi. Capita che ti tiri giù, verso di sè, più del dovuto”.
In un’era di social e sovraesposizione mediatica, tu sei assolutamente controtendenza. Si sa pochissimo del tuo privato…
“Non che abbia chissà quale privato da nascondere eh… La verità è che sono poco social, utilizzo Facebook per condividere cose di lavoro, al massimo qualche piatto che cucino per i miei amici. Ho una figlia di 16 anni che preferisco non mostrare sui social, insomma il privato è privato e preferisco resti tale, sì”.
Dove ti rivedremo prossimamente? Raccontaci qualche tuo progetto in corso
“Senza svelare troppo, posso dirti che sto girando una nuova serie per RAI1, sempre ambientato a Napoli. È un poliziesco e questa volta avrò un ruolo più borghese, positivo, sarò un medico. Sono molto entusiasta per questa esperienza! “.
Ce l’hai un sogno nel cassetto?
“I sogni cerco di non tenerli nel cassetto, altrimenti me li dimentico!(ride, ndr) Cerco di realizzarli “.
Ti è rimasto un rimpianto professionale?
“Tutti i miei “no” sono stati frutto di scelte e valutazioni ponderate, in un dato momento. Non mi sono mai pentito”.
C’è una domanda che avresti voluto ti facessi e che non ti ho chiesto?
“Potresti chiedermi:” Sei felice di aver scelto il lavoro dell’attore o ti penti?”
La risposta è “NI”. Sai, questo è un lavoro faticoso psicologicamente, soprattutto per quanto riguarda i periodi di attesa tra un progetto e l’altro. Non è semplicemente un lavoro, ci vuole passione per farlo e per riuscirci, occorre gioia costante, e devi avere l’esigenza urgente di esprimerti a prescindere dal grado di successo che potrai avere o dai guadagni che otterrai”.
Ma Antonio bambino, che sognava di diventare da grande?
“Da bambino volevo fare il medico chirurgo, pensa te… ( ride, ndr) “.
Antonio, come e dove ti vedi fra cinque anni?
“Non ne ho idea e mi piace non averla! Per carità, altrimenti diventerebbe un’attesa tipo in sala d’aspetto, per sapere se e come sarò fra cinque anni. Che poi, detto fra noi, non so nemmeno dove sarò fra cinque giorni!(ride, ndr) Preferisco stupirmi. Sempre”.
CREDITS PHOTO: Eduardo Castaldo