Musica

Now and Then (The Beatles)

Now and Then è un singolo del gruppo musicale britannico the Beatles, pubblicato il 2 novembre 2023 , commentato per noi da Paolo Colucci

La voce di John Lennon. La voce di John Lennon che inizia a cantare dopo l’attacco di Paul McCartney: “One-two-…”. La voce di Lennon che canta dei versi così personali e scarni su un piano che ricorda quello dei suoi pezzi da solista più incredibili (“Mind Games”, “Isolation”).

La batteria di Ringo, registrata alla fine – come da manuale – seguendo la chitarra ritmica. Gli arrangiamenti di Paul in stile “Golden Slumber” – «Ho dovuto fingere che le sessioni di registrazione degli archi fossero un mio progetto personale, non volevo che si sapesse che fosse per l’ultimo brano dei Beatles,» racconta nel breve video dedicato al nuovo singolo. La chitarra di George, salvata dai take del ‘95, quando i tre si rividero per mettere mano al nastro di John, gentilmente restituito dalla vedova Yoko Ono. Poter riascoltare i Beatles dall’oltretomba – la data d’uscita di questo inedito è più che azzeccata – fa una certa impressione. È tutto come dovrebbe essere: un brano modernissimo e struggente che non lascia spazio ad alcuna critica. Viene in mente “God”, la canzone più amara di Lennon che dice: «I don’t believe in the Beatles I just believe in me, Yoko, and me, and that’s reality/The dream is over/What can I say?/The Dream is over/Yesterday/I was the Dreamweaver/But now I’m reborn/I was the walrus/But now I’m John/And so, dear friends/You’ll just have to carry on/The dream is over» («Io non credo nei Beatles/Io credo solo in me, in Yoko e me, e questa è la realtà/Il sogno è finito/Cosa posso dire?/Il sogno è finito/Ieri/Ero un tessitore di sogni/Ma ora sono rinato/Ero il tricheco/Ma ora sono John/E così, cari amici/Dovete farvene una ragione/Il sogno è finito”).

Il ‘70, l’annus horribilis dei Beatles, quando tutto finì, e ognuno di loro venne fuori con un disco. Solisti e maturi, ciascuno con i propri fantasmi: Linda McCartney, Yoko Ono, Pattie Boyd, la madre Julia, la sorella Julia, i figli Julian e Sean. «È qualcosa che non dovremmo fare?», si chiede Paul nel video. «Ma ogni volta che ci pensavo, mi dicevo: aspetta un attimo, metti che avessi avuto la possibilità di chiedere a John “ehi, ti andrebbe se finissimo questa tua ultima canzone?”. Te lo assicuro, so che avrebbe risposto “sì!”. Gli sarebbe piaciuto». È Sean che racconta: «Ricordo che mio padre smise di fare musica per un po’ per crescermi, ma suonava sempre in giro per casa. Registrava demo di continuo e ricordo che usava quei registratori a cassette. Mamma aveva una manciata di canzoni che mio padre non aveva finito e le diede agli altri Beatles».

 

È merito di Peter Jackson, regista di “Get Back”, film delle mitologiche sessioni di registrazione di “Abbey Road” e “Let It Be”, che ha messo a disposizione la sua tecnologia per separare il piano dalla voce di Lennon per rielaborare i suoni. Ed è anche merito dell’intelligenza artificiale usata, come garantisce McCartney, solo come ausilio nella produzione del brano. Sembra la chiusura di un cerchio, l’elaborazione di un lutto collettivo, per i quattro di Liverpool e i tanti che li hanno amati, venerati, idolatrati, forse mai davvero compresi, nel corso degli ultimi cinquant’anni.

«Now and then/I miss you/Oh, now and then/I want you to be there for me/Always to return to me»

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