Oppenheimer
"Oppenheimer"di Chrisopher Nolan, visto in anteprima all'estero commentato per noi da Paolo Colucci
Abbiamo visto in anteprima l’ultimo film di Christopher Nolan, “Oppenheimer”, in uscita nelle sale italiane il prossimo 23 agosto. Ecco alcune anticipazioni. Aldilà del tempismo – perché, non nascondiamolo, più che Barbie poté la guerra in Ucraina – e della fotografia – che in Nolan oscilla dal caldo al blu elettrico da circa vent’anni – Oppenheimer è un film da vedere a tutti i costi, soprattutto quelli delle sale IMAX.
Come si dice in questi casi, il cast “stellare” non è il solo motivo per sorbirsi le tre ore di sogno atomico di Nolan. Chillian Murphy e Florence Pugh – col favore degli dei – fanno la performance della vita, così come un redivivo Robert Downey Jr. che supera le cinque espressioni delle saghe Marvel ed è una via di mezzo tra Charlot e The Judge. Poi Matt Damon che sembra Hemingway da sobrio, Casey Affleck al posto giusto e, quando meno te lo aspetti, Gary Oldman che ti fa odiare presidente Truman con tutto il cuore.
Tre ore che sfuggono davanti agli occhi e fanno venir voglia di trattenere il più possibile. Atomi che danzano nella testa del giovane fisico, mele avvelenate che per poco non seccano Bohr, Einstein malinconico e disilluso alla fine della sua carriera, Enrico Fermi che sembra uscito da Bastardi senza gloria, ed esplosioni meno pornografiche di quanto ci si possa aspettare da Mr. Inception. Perché il rischio era altissimo ma Nolan fa il capolavoro e si riscatta dalla nomea di regista cervellotico e non immune all’autocompiacimento.
In Oppenheimer ci sono i tempi giusti, le sequenze soggettive e oggettive scandite dal bianco e nero (per la prima volta ripreso in IMAX) e le esplosioni – tutte vere, la CGI è stata bandita dalla pellicola – che danno un senso al Dolby Atmos. Ma soprattutto c’è la trama che questa volta il regista britannico arricchisce di una tensione morale, etica o come la si vuole intendere, che garantisce un’esperienza cinematografica davvero immersiva. Noi siamo lì, a Los Altos, a provare la vertigine della prima esplosione, a chiederci se la fissione nucleare genererà una reazione a catena in grado di divorare il mondo. Se ha senso annientare la popolazione di Hiroshima e Nagasaki. Il dramma tipicamente umano del farsi morte: «Now I am become death, the destroyer of worlds» dice il padre dell’atomica quando tutto è compiuto. Proviamo un senso di vergogna quando la storia d’amore tra Robert e Jean si materializza impudicamente sotto gli occhi della moglie di lui. Perché c’è la prima scena di sesso girata da Christopher. È anche il suo primo “biopic” sebbene ne rinnovi il genere. È un film politico, che si rifà alla tradizione anti-maccartista e pacifista americana dello scorso secolo. È un dramma e forse già un classico.
Peccato però per quello che è un vero e proprio tallone d’Achille per il regista, ovvero la rappresentazione della donna. Figure eteree, lamentose e noiose. Isteriche come in Inception, alcoliste con in The Prestige, infide come in Batman. Poi, nella seconda metà del film, nonostante abbiano recitato impeccabilmente – e siano state affidate loro alcune delle battute più belle – ne scopriamo il valore: tirano fuori la soluzione all’enigma del genio che hanno l’onore di accompagnare, ne ispirano le eroiche gesta e asciugano le maschie lacrime. Ma aldilà dei limiti di scrittura, in Oppenheimer i pregi superano di gran lunga i difetti. Insomma, non sarà una lezione di cinema ma sembra che Nolan abbia fatto bene i compiti.