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Un uomo equilibrato. Così lo definivano tutti.

Altro racconto della galleria #Ioscattotuscrivi dedicato in questo mese di febbraio alla parola Equilibri

Un uomo equilibrato. Così lo definivano tutti.

Per questo fu ancora più assurdo vederlo giacere sull’asfalto, immerso in una pozza di sangue denso: un cadavere con le membra scomposte e uno strano sorriso sul volto.

Giovanni Rossi era una persona normale. Uno che si alzava la mattina e si faceva la barba. Prendeva il tram 27 e andava in ufficio, contando i suoi passi. Ne aveva fatti 9.573.902 in 24 anni di lavoro. Sedeva davanti a un computer. Digitava. Mangiava una mela. Timbrava il cartellino. Ritornava sul tram. Salutava moglie e figlio. Diceva poche parole e collezionava qualche pensiero. Tutto normale.

La sua anima oscillava tra la gratitudine e il desiderio, l’accettazione sommessa di un destino e la spinta rivoluzionaria della passione. Voleva cambiare ogni cosa. Senza rinunciare a nulla. Guardava gli altri e odiava se stesso, la sua compostezza, la sua razionalità. Dove gli estranei vedevano stabilità, lui vedeva rassegnazione. Certe mattine, davanti alla solita tazza di caffè, riusciva a odiarsi. Ma poi provava pena del suo passato, di chi lo aveva messo al mondo. E ricominciava la certezza della routine. Il rifugio dell’abitudine. La paura che frena, annienta, sopisce.

Quella sera spalancò la finestra. Rita e Matteo erano in piscina, come ogni settimana. Giovanni aveva aperto una scatoletta di tonno e l’aveva lasciata sul tavolo. Perché aveva deciso di buttarsi via. Voleva annientarsi nella notte, darsi in pasto alla bestia che tutto divora. Gettare un male silenzioso che nessuno capiva, perché lui lo nascondeva bene. Si sporse, poggiò un piede sul bordo della ringhiera. Un alito di vento gli diede il benvenuto nella prima azione non programmata della sua esistenza. Voleva morire? No. Forse no. Voleva vivere. Perché la vita certe volte è spingersi sul confine di un brivido. E in questo somiglia alla morte. Nell’istante in cui se ne rese conto, il latrato di un cane lo distrasse. Il suo corpo non seppe reagire al movimento inconsulto. Fu un attimo: l’uomo equilibrato perse l’equilibrio. E volando sorrise.

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