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MA SE GHE PENSO

Intervista con il cantautore genovese Francesco Baccini

È un fiume in piena Francesco Baccini. Autore raffinato e cantante di successo si racconta senza risparmiarsi. Racconta storie, aneddoti , con la libertà che lo contraddistingue, dice la sua, sulla musica oggi, i talent, e sui pochi spazi disponibili per chi ha davvero qualcosa da dire. Dialoga qui con noi anche delle sue passioni : La Musica, De Andrè , Tenco , il suo amato Genoa in questa bella chiacchierata sulla sua splendida carriera.

Come inzia l’ Amore per la musica?
Ho iniziato con la musica classica. Fino a 18 anni non mi passava neanche per la mente la possibilità di fare canzoni. Io volevo suonare il clavicembalo, mi compravo i dischi di musica medioevale e rinascimentale. Avevo un amico, Bruno Buzzone, che oggi  insegna alle Medie, con cui condividevo questa passione per la musica classica. Lui faceva il Conservatorio da interno io da esterno; frequentavo, infatti, il liceo Scientifico Colombo con esisti disastrosi. Pensa che ho finito a 21 anni. I miei compagni mi prendevano per il bidello! La musica leggera la guardavo con distacco snobistico di chi ascolta abitualmente Chopin, Mozart e Beethoven.
Della “scuola di Genova” a quale artista è più legato?
A Faber (De Andrè, ndr) e a Tenco, sono quelli che ho ascoltato nell’adolescenza e che mi hanno insegnato molte cose. Aver collaborato con Fabrizio e aver portato in giro Luigi sono le soddisfazioni più grandi della mia carriera. Ecco, De André è stata una delle mie massime influenze. Ebbi anche la fortuna di collaborare con lui in due occasioni. La prima quando mi venne a cercare per Ottocento, una sua canzone contenuta in Le Nuvole. La seconda quando gli chiesi di cantare con me Genova Blues“, un genere che lui non aveva mai affrontato . Quando uno dei tuoi miti diventa un tuo amico e’ sempre una cosa straordinaria ed incredibile.
Ci racconta il suo legame con il Grande Fabrio De Andrè ?
Ci siamo conosciuti a Milano da emigranti da cento chilometri; noi genovesi ci sentiamo emigranti a Milano, perché fatto il Turchino si apre un altro mondo. I genovesi pensano di essere sempre al centro dell’attenzione…pensano che in tutto il mondo ora si stia parlando di loro, in realtà superato il Turchino nessuno parla di loro. Forse è un retaggio del passato, di quando eravamo una Repubblica. Con Fabrizio ci siamo conosciuti a Milano e abbiamo incominciato a frequentarci. Il nostro è stato un incontro molto particolare. Io ero in un locale, il “Magia”, a quel tempo molto trendy, è il locale dove sono nati Elio e le Storie Tese, tanto per fare un esempio… pensa che il mio primo single “Mamma dammi i soldi ” è stato arrangiato da quello che allora era un ragazzino e che si chiamava Rocco Tanica. Insomma, io stavo presentando “Cartoons” al “Magia” davanti a una quarantina di persone, a quel tempo ero totalmente sconosciuto o quasi, avevo giusto fatto qualche apparizione ad una trasmissione notturna di Mollica dal titolo “Per fare mezzanotte”. Durante la presentazione mi è sembrato di scorgere tra il pubblico uno che assomigliava a De Andrè, ma mi sono detto “figurati se è lui”, oltretutto lui non si vedeva quasi mai in giro. Poi vicino ho visto una donna bionda che sembrava Dori Ghezzi, ma non ci ho fatto molto caso. Alla fine della serata mi hanno detto: “Guarda, c’è De Andrè che vuole conoscerti”. Insomma lui aveva ascoltato le canzoni che suonavo al piano da Mollica, perché lui di notte era sempre in piedi. Voleva che gli dessi una mano su un testo del disco “Le nuvole”. La canzone era Ottocento e infatti mi ha anche messo nei ringraziamenti, voleva qualche frase ironica. Io ho inserito qualcosa, tipo “maschi, femmine e cantanti”. Poi gli proposi uno scambio, e gli ho chiesi di cantare con me Genova Blues.
Quindi una grande amicizia durata nel tempo ?
Si, poi ci siamo frequentati parecchio andavano a casa sua e devo dire che mi faceva anche effetto, perchè lui per me era davvero un mito, una voce di cui per lungo non si conosceva neppure il volto e di colpo mi tovavo ad andare a mangiare da lui. Infatti ogni tanto mi scappava di fissarlo e lui si incazzava : ” Belin, smettila di fare il fan ” . Con lui si parlava di qualsiasi cosa tranne che di musica. Potrei raccontare parecchi aneddoti divertenti sulle nostre uscite. Una volta per esempio nel 1989 voleva accompagnare a Sanremo Dori Ghezzi che partecipava al Festival , mi ha chiamato e mi ha detto : ” Dai accompagnami che mi rompo le palle da solo, e poi Dori  canta , ci tiene”. Allora siamo andati a Sanremo e li nessuno solo filava di pezza. Una sera ci siamo trovati in un ristorante con Dori , era il periodo che io frequntavo il “Costanzo show” per cui ero abbastanza conosciuto , ed è arrivato il proprietario del locale e ci ha passato un foglio chiedendoci un autografo, Dori lo ha firmato e me lo ha passato, io ho firmato e lo ho passato a Fabrizio. A quel punto il proprietario del ristorante mi si è avvicnato e mi ha chiesto : “Ma chi è quel signore vicino a lei ? ” . Fabrizio si è messo a ridere e ha risposto : ” E si, ogni tanto cato anch’ io ” . D’ Altronde lui davvero era uno che non si faceva vedere praticamente mai, i suoi passaggi televisivi e radiofonici sono molto rari. La grande popolarità per lui è venuta paradossalmente, dopo la morte. Questa è una cosa tipicamente italiana. Il giorno prima che lo ricoverassero, al telefono. Mi disse di non andarlo a trovare: “Francesco, preferisco che tu mi ricordi in un’altra maniera”. Sentiva che ci stava lasciando.
Invece questa somiglianza con Tenco?
La somiglianza fisica che notò per caso persino suo fratello Valentino, un giorno in ascensore, quando avevo vent’anni. Misurarsi con un mito è un rischio, non lo aveva fatto nessuno prima, in fondo è come se lui andasse in tournèe. E’ una vita che ci inseguiamo, io e Luigi, da quando ero ragazzetto e facevo musica classica. Lo conobbi grazie a mio cugino: avevo 13 anni, mi ruppi la gamba e fui costretto a rimanere a letto, lui mi portò dei dischi di De Andrè e Tenco, mai sentiti prima. Mi piacquero entrambi, ma furono i testi di Tenco a colpirmi, semplici, sempre in prima persona. Poi ho potuto far un bel tour teatrale con la musica di Luigi . E’ stato un bel viaggio nel tempo quello di far rivivere canzoni di 50 anni fa e portarle in giro nei teatri. Canzoni che non hanno età… Ecco cos’è la grandezza dell’arte: scrivere canzoni che non hanno età.
Che senso ha essere cantautore oggi?
Io sono un vintage. Sono nato in un periodo storico in cui la musica era importantissima. Non facevi un disco perchè eri carino, altrimenti Lucio Dalla e Franco Battiato non sarebbero diventati cantautori. Poi negli anni ‘80 è finito tutto, perché c’è stato un salto indietro clamoroso. Allora i Police sono stati spodestati dai Duran Duran e dagli Spandau Ballet, che se li ascolti oggi sembrano i Beatles, da quanto siamo arrivati in basso. Gli attuali punti di riferimento della mia generazione sono pre anni ‘80. La fortuna è che avevamo delle figure di riferimento talmente grosse che ti ci potevi aggrappare. Prima le case discografiche puntavano sull’artista, oggi invece si crea un prodotto. Penso che la musica sia stata massacrata da major e network, oggi è un sottofondo. Le radio dovrebbero essere un vettore, cioè un mezzo per proporre musica a 360 gradi. Purtroppo il livello culturale musicale nel nostro paese è bassissimo, provate a parlare di musica in giro.
Ci racconta il suo esordio Live ?
Il mio primo vero impatto con il grande pubblico live, diciamo il mio X Facotor avvenne per la precisione nel lontano 1988 io ero all’inizio della carriera, dovevo fare un concerto in un paese in provincia di Avellino , il paese si chiama San Martino Valle Caudina . La sera piove, l’organizzatore mi dice “se rimani fino a sabato ti faccio suonare con Lucio Dalla” (era l’anno di Dalla / Morandi ). Il sabato sera davanti a 10.000 persone Lucio inizia, dopo 5 brani mi chiama sul palco e mentre ci incrociamo mi dice ridendo “Bacc ora son c…. tuoi “. Faccio un po’ di brani piano voce e il pubblico risponde benissimo.
A fine serata Lucio mi dice “Bacc che fai martedì ? Facciamo l’ultimo Dalla Morandi a Urbino … vieni a fare qualche canzone ? ” …. così iniziò la mia carriera live. Sono anche molto contento che il mio percorso artistico  live sia inizato in Campania perche mia nonna Angela era di Pisciotta provincia di Salerno vicino alla splendida Palinuro.
Diventa inevitabile chiedere un suo pensiero legato al mondo della musica attuale ?
Io vengo da quell’esperienza chiamata gavetta, ma proprio quella tosta…
Se pensi che agli albori della mia carriera, se vuoi chiamarla così, ho anche dormito in macchina, a Milano, per girare le varie case discografiche con la mia sacra cassettina da far sentire… quasi una vita da pseudobarbone se vuoi, ecco che puoi ben comprendere come io non riesca proprio ad identificarmi in questo momento storico dove non conta ciò che proponi, ma come appari…
Oggi non si riesce più a coltivare il sogno di vivere di musica, ma bisogna subito arrivare al guadagno, non importa come e perchè, ma diventa fondamentale pensare subito al successo fine a sè stesso…
Quindi la sua posizione su questo fenomeno chiamato “Talent show” non è positiva ?
Guarda, in Italia è ormai un qualcosa che sta letteralmente ammazzando la musica che, sia chiaro, è una cosa seria perchè è fatta di lavoro, studio, passione e tanti, ma proprio tanti sacrifici mentre, se andiamo a guardarci, questo tipo di situazione trasforma tutto in un qualcosa di letteralmente superficiale e fine a se stesso.

Adesso anche il Cinema entra in questa bellissima carriera artistica ?
Ho avuto modo di recitare in Zoè per la regia di Giuseppe Varlotta, ambientato durante la seconda guerra mondiale, tra partigiani, contrabbandieri e tedeschi in ritirata. E un corto “Nerofuori” di e con Emanuela Mascherini che racconta la storia di un uomo che ha una relazione con una ragazza che crede essere un’amica di sua figlia. Beh, è stata un’esperienza totalizzante…”Zoe'” non era solo fare un film, ma fare un film tra mille difficoltà oggettive, quindi per me e’ stata un’esperienza di vita prima che professionale. Poi è arrivato il corto “Nerofuori” dove ho messo in pratica l’esperienza maturata con “Zoè”, e penso che i risultati sono ben visibili. L’anno scorso son stato premiato da Rutger Hauer per l’interpretazione di “Nerofuori”. Adesso sono impegnato in questo bellissimo progetto “Senza rumore” il nuovo film di Luca Guardabascio. La pellicola che si intitolerà “Credo in un solo padre” scritta a quattro mani con Ferruccio Tuozzo . Le riprese inizieranno il prossimo  mese di maggio  in Campania . Ho firmato anche la colonna sonora , per un tema, purtroppo, sempre attuale  quello della Violenza sulle donne . Una storia vera degli anni ’90, un dramma con al centro gli abusi domestici. Un capofamiglia che abusa della nuora e della nipote. Una storia attualissima che riporta all’attenzione la violenza domestica. Il Film è tratto dall’ omonimo lobro dell’ autore Michele Tuozzo.
Quando cominciò invece la sua “avventura” da tifoso rossoblù?
Io ho una storia particolare: da bambino ero sampdoriano. Ho cominciato a giocare in porta, nella Sampdoria, quando avevo sei anni. Giocavo in mezzo alla strada come tutti i bambini, oppure andavo a Granarolo. Gli osservatori della Sampdoria giravano per i quartieri a vedere i bambini che giocavano. Un giorno uno di loro suonò alla mia porta, per portarmi a giocare nella Samp. Per me era un sogno poter andare a giocare in un campo vero, con delle porte vere, e ovviamente, quando un bambino viene chiamato dalla Samp, la sua squadra del cuore diventa quella. Mio padre, genoano, mi accompagnava allo stadio, andavamo a vedere i derby nella Sud, con tanto di bandiera blucerchiata. Quelli erano altri tempi, non c’erano gli ultras, mio padre discuteva con quelli che aveva a fianco e la cosa era pure divertente. Da giocatore sono arrivato fino alla Primavera della Samp. Poi ho avuto un incidente, l’anno dopo morì mio papà. Io andai a vedere una partita del Genoa, che giocava in serie B. Il Grifone vinse 5-0, io ero talmente deluso dalla Sampdoria che sono diventato genoano, al punto di scrivere l’inno per il centenario. Una cosa strana, anche perché per me il calcio è sempre stata una cosa  seria.
Come giudica la stagione attuale della ua squadra del cuore e c’è un giocatore a cui è legato della storia Rossoblu?
Siamo in una situazione tranquilla, non dico che il campionato sia finito, ma vaghiamo a metà classifica senza infamia e senza lode. E pensare che poteva andare peggio, menomale che il presidente, che ha il “grano” e lo tira fuori, ha preso ancora ottimi giocatori. Negli ultimi cinque o sei anni abbiamo visto una squadra che, nella peggiore delle ipotesi, resta a metà classifca in serie A, mentre prima era sempre a metà classifica in serie B. Il mio giocatore del cuore del Genoa resta il Grande Milito , credo che in tutta la nostra storia lui abbia un posto importante per classe e tecnica.

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