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Mostro di Firenze: 50 anni di misteri

Ripercorriamo l'enigma della storia criminale degli efferati delitti del "Mostro di Firenze "

Chi era/è/erano  il mostro/i mostri di Firenze ? Dal punto di vista giudiziario e investigativo, il più grande dilemma di tutta la storia italiana. Uno o più criminali le cui gesta hanno eclissato quelle del leggendario Jack lo Squartatore di Albionica memoria. Uno o più assassini la cui ferocia ha scavalcato l’Atlantico fin ad arrivare in terra Americana e non in maniera episodica o isolata. Uccideva con la pistola il maschio della coppia e poi si accaniva sul corpo della donna arrivando a tagliare via il pube e il seno di alcune vittime. Un intrico cui le sentenze definitive della Cassazione vecchie ormai di anni, hanno posto (forse) un punto ma solo da un punto di vista PARZIALE (e vedremo dopo perché..). Sentenze che però hanno lasciato indietro una scia di dubbi, di interrogativi e misteri mysteriosi cui nessuno ancora oggi sa dare completa risposta, e che hanno fatto scorrere i proverbiali fiumi di inchiostro con un produzione letteraria sul caso degna dell’Enciclopedia Universale. E purtuttavia, all’esito di questi fiumi di inchiostro e sangue, di questa produzione letteraria torrenziale e della più spasmodica concentrazione mediatica di ogni tempo, volta alla risoluzione del caso, i dubbi sono rimasti. E le varie teorie su chi fosse(ro) DAVVERO il Mostro (o i mostri), pure. Intanto, i fatti : 8 duplici omicidi commessi fra il 1968 (Antonio Lo Bianco e Barbara Locci) e il 1985 (i due campeggiatori francesi Nadine Mauriot e Jean-Michel Kraveichvili) . Diciassette anni di sangue. Qualcuno dice 7 (espungendo dalla lugubre conta quello del ’68 e poi vedremo perché…), qualcuno (ad esempio il leggendario penalista Nino Filastò)  dice molti di più: almeno 9 duplici omicidi, ma poi ci sarebbero altri omicidi singoli e di gruppo da aggiungere alla conta, molti dei quali legati a personaggi entrati a vario titolo nelle inchieste sul mostro. Portando il numero dei morti ad oltre 20. Vediamo ora quali sono state le teorie più “forti” fra la miriade di ipotesi sviluppare negli anni per dare un volto al mostro.

SENTENZE DEFINITIVE : Occorre certo partire dalla verità UFFICIALE, quella GIUDIZIARIA, che ha consegnato alla storia giudiziaria del Paese 3 colpevoli (in realtà 2 come vedremo…): la famosa banda dei “compagni di merende” : Pietro Pacciani, Mario Vanni, Giancarlo Lotti. E’ la tesi, poi accolta dalla magistratura con sentenze definitive e che vanno rispettate, tesi sostenuta dal superpoliziotto Michele Giuttari e dal Capo della Procura di Firenze Pier Luigi Vigna (che anche in seguito a questo successo fu promosso Procuratore Nazionale Antimafia). In realtà si era cominciato con una lettera anonima a carico del solo Pacciani. La procura cerca le prove per anni, ma della famosa pistola, la Beretta calibro .22 Long Rifle che era divenuta famigerata in quanto “firma” di tutti i delitti dal ’68 in poi, NON si trovò mai traccia. Si trovarono perlopiù solo prove circostanziali a carico del Pacciani: un blocco notes marca Skizzen Brunner che si dice fosse appartenuto ai due campeggiatori tedeschi uccisi nel 1983 che era molto importante perché, pare, non fosse venduto in Italia. E allora come era finito a casa del Pacciani se non lo avesse preso lui stesso dal luogo del delitto? Pacciani disse di averlo trovato nella spazzatura, Filastò (che fu avvocato di Vanni), disse poi che era dimostrato “per tabulas” che sul bloc notes vi erano annotazioni del Pacciani datate e riscontrate 1981: quindi due ANNI PRIMA del delitto, il bloc notes era già in mano al Pacciani che quindi NON poteva averlo preso sul posto. Un’ asta guidamolla, pezzo della famosa Beretta recapitato per posta da un anonimo (e due…) alla polizia avvolto in un pezzo di stoffa proveniente da casa Pacciani.Altre “prove”:  un quadro misterioso poi risultato opera di un pittore cileno, e una cartuccia trovata nel giardino di Pacciani, dopo mille ricerche. Poca roba. Infatti viene assolto in appello dopo la condanna in primo grado. Ma poi la Cassazione annulla l’assoluzione e ordina un NUOVO processo. Perché ? Perché sono, nel frattempo, entrati in scena due altri personaggi, scovati dalla Procura: Mario Vanni (ex postino) e Giancarlo Lotti (ex lavoratore edile ridotto a vivere da barbone dalle pessime condizioni economiche). Il Lotti è la carta vincente: fa da testimone oculare, e dice di aver compiuto i delitti del Mostro con Pacciani e Vanni. Arriva la condanna definitiva. Tranne che per Pacciani che muore quindi da INNOCENTE e libero, prima che si celebri il processo d’appello, che probabilmente l’avrebbe visto condannato (ma con la giustizia italiana non si sa mai…). Restano condannati i soli Vanni e Lotti. Però…c’è un GRANDE però: Lotti, l’unico dei tre a proclamarsi colpevole dice una cosa particolare: si siamo stati noi, ma abbiamo fatto solo 4 DELITTI ! Solo 4 duplici omicidi ??? e gli altri quattro ??? “boh, non so, non siamo stati noi!!”. BAM ! Dubbio facile: ma se si accusa di 8 morti perché non accusarsi di tutti e 16 ? Tanto 8 ergastoli o 16 fa poca differenza. E gli altri 4 chi li ha fatti?  Vuoi vedere che veramente gli altri 4 non li hanno fatti loro ? Vuoi vedere che questo dice baggianate? (Difesa di Nino Marazzita e Nino Filastò): e se dice baggianate allora può dire baggianate su tutto (in fondo è un disadattato che sta meglio nelle mani della polizia: sfamato, lavato e vestito, che da barbone in mezzo alla strada…) ? E se pure dice il vero, allora chi ha compiuto gli altri 4 delitti ? Invero la Cassazione lascia fuori della condanna pure il delitto del 1968 con un motivo particolare, il PRIMO delitto, perché ? Perché il primo ha una genesi molto particolare e serve da “chiave di volta”per gli altri delitti, comunque la si voglia vedere perchè …

IL DELITTO DEL 1968  – Perché un colpevole per il delitto del 1968 GIA’ C’ERA. Ma era, probabilissimamente, un colpevole SBAGLIATO. E allora torniamo al primo delitto, quello del 1968: Antonio Lo Bianco e Barbara Locci. Entrambi sposati con figli e amanti. Si appartano in una strada sterrata vicino al cimitero di Signa. Con loro c’è il figlio di 6 anni della Locci che dorme sul sedile posteriore. Il Mostro (?) colpisce per la prima volta: la Beretta .22 non lascia scampo ai due amanti, il bimbo si salva ( e vedremo poi che…). Il perché del punto interrogativo è chiaro: per il delitto verrà condannato il marito della Locci, Stefano Mele, il quale però prima di autoaccusarsi darà decine di versioni contraddittorie: accusando soprattutto del delitto prima Salvatore Vinci e poi Francesco Vinci, entrambi pastori, entrambi sardi, entrambi amanti della moglie (la moglie aveva davvero molti amanti…). E’ la cd. “Pista Sarda”. Alla fine il Mele ritratta le accuse e viene condannato lui. Ma le stranezze restano TUTTE: il bimbo, unico testimone lasciato in vita di tutta le serie dei delitti del mostro, dà versioni contrastanti del fatto: all’inizio dice di aver visto solo un lampo e poi più nulla e di aver camminato nella notte e nel bosco per 2 km verso una casa per chiedere aiuto e di aver suonato il campanello da solo. Ma il campanello era troppo alto perché lo raggiungesse, allora incalzato dai carabinieri, afferma di essere stato accompagnato dal padre dopo l’omicidio (Stefano Mele, poi condannato). Poi dirà ancora di non ricordare nulla del delitto. Poi ancora incalzato, dal cronista Mario Spezi (e avremo ancora a parlare di lui…) dirà, anni dopo, che la zia maria (la “matrona/caporiona” della famiglia Mele)gli aveva detto che del delitto “non BISOGNAVA ricordare nulla”, ma che sul luogo del delitto c’erano sia suo padre Stefano Mele che Salvatore Vinci…. Certo è che: 1) il primo è probabilmente un delitto di gelosia commesso in quell’ambiente degradato delle conoscenze di Barbara Locci/Stefano Mele/ e dei Sardi ;2) Che il bambino, pur testimone oculare, è lasciato in vita dall’assassino (il mostro?): a questo punto perché probabilmente c’era un LEGAME col bimbo….. 3) cosa più importante la BERETTA che spara in questo delitto commette TUTTI E 8 I SUCCESSIVI DUPLICI OMICIDI FINO AL 1985. Mele disse di averla buttata a fiume, ma i successivi delitti dimostrano che non era vero: la pistola sparò ancore in tutti i delitti. Quindi : a) Mele, probabilmente, non era l’autore del delitto del 1968 se la pistola spara ancora; quindi b) l’autore vero del delitto del 1968 è già il Mostro ed è l’autore di tutti i delitti (tesi Filastò); oppure c) la pistola del delitto del 1968 è passata di mano a un altro soggetto o in seguito a cessione volontaria (difficilissimo per una pistola che ha un omicidio “a carico”) oppure è stata rubata dal Mostro che fatto i successivi 7 delitti (Tesi di Mario Spezi)…e dunque….

TESI SPEZI: …chi è Mario Spezi ? Semplicemente il giornalista d’assalto della Nazione di Firenze che ha coniato il termine “Mostro di Firenze”. Che ha sceneggiato un film sul mostro nel 1986. Che ne ha scritto e seguito le gesta fin dall’inizio e che ha cercato di incastrarlo fino alla sua morte avvenuta nel dicembre del 2016. Probabilmente il più grande esperto del mostro di Firenze. Spezi ha una teoria restituita nel libro “Dolci colline di sangue”scritto a 4 mani col famoso giallista Americano Douglas Preston: segue quella che era stata la prima pista investigativa, quella detta la “pista sarda”. Per lui la storia della banda dei “compagni di merende” è una baggianata: troppi stupidi e inadatti Lotti, Pacciani e Vanni per tenere in scacco per quasi 20 anni la polizia di mezza Italia. E poi i profili NON corrispondevano con alcune rilevazioni sui luoghi dei delitti e con la “profilazione” fattane a Quantico dall’ F.B.I : per gli esperti Usa infatti il Mostro è UNO solo, ossessionato da turbe sessuali e sessualmente impotente (e invece tutti i compagni di merende erano sin troppo attivi sessualmente…anzi Pacciani fu condannato nel ’51 per omicidio durante il quale aveva poi stuprato la fidanzata traditrice accanto al cadavere del rivale, poi più tardi aveva stuprato le figlie), molto alto (mentre i tre compagni di merende sono bassi e tarchiati) e intelligente, molto intelligente  (mentre i compagni di merende non brillano poi così tanto per acume). Per Spezi la pistola non è mai uscita dal giro dei sardi ed è in quel giro che deve indagarsi per scoprire il mostro. E Spezi indaga. Da grande giornalista investigativo. E ritorna ai fratelli Vinci: e scopre una cosa molto strana: poco prima del secondo delitto nel 1974 Salvatore Vinci (da lui considerato il vero autore del delitto del 1968) va dai Carabinieri per fare una strana denuncia (e Spezi ha trovato la denuncia scritta): una denuncia di effrazione. Qualcuno, denuncia, gli entrato in casa e lui sa anche chi è ne fa il nome ai C.C. . Alla domanda su che cosa avesse rubato il soggetto indicato nella denuncia, il Vinci risponde : “non lo so”. Strano: per Spezi e non solo per lui: un sardo, piccolo criminale, solitamente mooolto reticente a parlare con i C.C. , che va a fare una denuncia di effrazione contro un giovane adolescente di 15 anni, rovinandolo, senza nemmeno saper dire cosa gli fosse stato rubato. Ecco il punto-chiave per Mario Spezi: nel 1968 a sparare era stato Salvatore Vinci e non Stefano Mele e conserva la pistola Beretta .22 fino al 1974, poi questo giovine gli entra in casa e che ruba ? Per Spezi ruba proprio la Beretta (e quindi la strana denuncia di Vinci era un voler mettere le mani avanti: non dice di aver avuto la pistola del 1968, ma se in futuro quella pistola rubata dal giovine sparerà ancora lui ha fatto una denuncia di furto per cautelarsi…) . Dunque per Spezi e Douglas Preston il giovane che nell’aprile 1974 ha rubato la pistola da Salvatore Vinci è il Mostro di Firenze. Spezi e Preston mettono il suo nome per iscritto nel libro “Dolci colline di sangue”, ma solo per le edizioni estere (!), in Italia è usato lo pseudonimo “Carlo” di questo camionista sardo di circa 50 anni, mentre viene omesso il vero nome. Dalla edizione estera sappiamo che “Carlo”(il presunto mostro) è il figlio di uno dei protagonisti di questa vicenda e del giro dei sardi. Come detto per il duo Spezi/Preston sarebbe lui il possibile colpevole/maggior indiziato dei delitti. E i due fanno di più: vanno persino a intervistarlo ! Ebbene durante l’intervista, “Carlo” quasi sbeffeggiando Spezi gli dice : “ora ti faccio fare uno scoop: nel 1968 chi ha nascosto l’auto di  Salvatore Vinci nel bosco non è stato il fratello Francesco Vinci: sono stato IO”. A questo punto Spezi gli fa la domanda-clou: “sei tu il mostro?” Risposta di Carlo: “Non vorrai mica che ti faccia fare pure QUESTO scoop?”. Spezi ha anche accertato che da piccolo “Carlo” aveva subito un trauma gravissimo:aveva visto uccidere la madre dinanzi ai suoi occhi, e questo poteva averne danneggiato la psiche. Per questo libro Spezi fu accusato prima dai colleghi di “sapere troppo”, poi di voler depistare le indagini per proteggere il vero mostro, infine di essere lui stesso il mostro o coinvolto nei delitti del mostro (!). Difeso dall’Avvocato Nino Filastò, che fu anche difensore di Mario Vanni (quanti incredibili intrecci in questa incredibile storia…) fu poi assolto con formula piena da ogni accusa. “Dolci colline di sangue” fu tradotto in 18 lingue e più volte ristampato con vari aggiornamenti, all’estero. In Italia ebbe stranamente un’unica edizione (oggi quasi introvabile) e non fu mai ristampato. Spezi lo scrittore-mostro ? Troppo inverosimile. Assolto grazie a Filastò, però trovò nello stesso avvocato che lo fece assolvere, Nino Filastò, un grande OPPOSITORE della sua teoria: Filastò ha infatti un’idea del tutto diversa sull’autore dei delitti del mostro….

LA TESI FILASTO’: Per Filastò la tesi dei sardi è una falsa pista. E lo è fin dall’inizio nel 1968. Innanzitutto per Filastò l’omicida non poteva essere “Carlo”, perché nel 1974 ancora 15enne e perciò troppo giovane (Spezi ribatte che i dati dell’F.B.I. confermano però che i serial killer cominciano a uccidere proprio intorno ai 15/16 anni…): per Filastò i C.C. sono stati portati su una falsa pista fin dal ’68: i sospetti sono stati VOLUTAMENTE indirizzati verso il “clan dei sardi” per coprire il vero colpevole. Un colpevole assi più intelligente. Un colpevole assai più introdotto. Un colpevole in divisa! O almeno appartenente al giro degli ambienti investigativi. Della stessa opinione è la nota criminologa Roberta Bruzzone. Perché e come Filastò arriva a dire questo ? Perché per lui il killer, era sempre un passo avanti agli investigatori perché sapeva già PRIMA cosa avrebbero fatto. E ciò perché era uno vicino a loro.  E porta varie “prove” a sostegno della sua tesi: all’inizio dei delitti nel 1974 nessuno si era accorto che la pistola che aveva ucciso era la stessa di 6 anni prima, quella cioè del delitto del 1968: arriva allora agli inquirenti una lettera anonima (per lui scritta dal mostro stesso) che suggerisce loro di riaprire il fascicolo del caso Locci, e dentro quel fascicolo ci trovano dei bossoli uguali a quelli del delitto del 1974, così ora sanno che la pistola dei 2 delitti è la stessa. Ma, dice Filastò, chi poteva sapere che in quel vecchio fascicolo del ’68 erano conservati ancora i bossoli ? Uno vicino agli ambienti degli inquirenti. E che cerca di re-indirizzare le indagini verso “i sardi” per sviarle da se stesso…(ma magari era solo un colpo di fortuna e il mostro non sapeva che nel fascicolo in questione c’erano ancora i bossoli, ribattono i critici della tesi-Filastò). Filastò porta poi una testimonianza oculare che afferma che nelle stesse ore del delitto di Baccaiano del 1982 questo teste da lui ascoltato in confidenza, gli disse di aver visto aggirarsi in quei luoghi un’auto assai sospetta col guidatore che si guardava attorno ad ogni piè sospinto, come fosse preoccupato per qualcosa e come non volesse farsi vedere e poi aggiunse il particolare più inquietante: era un’auto con la scritta “Polizia” sul fianco, e si sa che le auto della polizia prevedono sempre due agenti a bordo durante le ronde. Qui c’era una sola persona, non vestita da agente (ma magari, dicono i critici, il teste ricorda male, oppure è solo un poliziotto che va dall’amante in orario d’ufficio per cui si capisce la circospezione). La più sorprendente delle “prove” di Filastò è però quella legata a Silvia Della Monica: unica Pm DONNA di Firenze che, secondo Filastò, aveva capito qualcosa sulla identità del mostro: ebbene subito dopo aver commesso l’ultimo delitto (quello degli Scopeti nel 1985) il mostro si mette in macchina e fa 50 km per arrivare a San Piero a Sieve dove imbuca una lettera contenente un lembo di seno della Francese Nadine Mauriot indirizzato alla Della Monica: per Filastò il tentativo è di intimidirla perché non si immischi più nelle sue faccende, ma il fatto sorprendente è che a San Piero Assieve, dove il mostro va a imbucare la lettera (e fa 50 km per farlo…) esiste una SECONDA RESIDENZA della P.M. Della Monica, ma sconosciuta quasi a tutti. Chi poteva saperlo, secondo Filastò, se non uno vicino agli ambienti della procura ? Certo l’ipotesi poliziotto/investigatore e  mostro è ancor più “cinematografica” di quella del giornalista/mostro (Spezi)…però…(soprattutto l’episodio della lettera lascia più di un dubbio). Ad ogni modo Silvia Della Monica già lontana dall’inchiesta da più di 2 anni si guarderà bene dal tornare ad occuparsi di essa….In realtà per Filastò i delitti del mostro sono molto più di otto duplici omicidi: ce ne sarebbero almeno un altro paio non commessi con la Beretta .22 e due o tre strani che colpiscono l’area dei “sardi”, che potevano aver visto o intuito qualcosa. La Beretta non sarebbe stata più usata perché il mostro avrebbe finito le 2 scatole di colpi in suo possesso sin dal 1968 (quindi per Filastò il mostro è unico ed autore di TUTTI i delitti: anche del primo) e poi, non fidandosi a comprare altri colpi di quel tipo, né una nuova arma, avrebbe finito le altre vittime (almeno 20 in tutto per Filastò) con coltello, fuoco, violenza fisica ecc. Tutti testimoni potenziali e importanti dei delitti in questione. E tutti stranamente morti in omicidi che però la polizia non ha mai attribuito al mostro, ma a altri esecutori ignoti.

Per l’altro criminologo di fama nazionale Francesco Bruno invece, l’azione del mostro, e la sua spinta omicida, si è fermata quando ha esaurito tutta la serie dei colpi contenuti nelle due scatole in suo possesso già dal 1968. Anche per lui come per Spezi e Filastò il mostro è un SOLO individuo, con evidenti turbe e moventi sessuali, abbastanza alto, intelligente e assolutamente diverso dai profili di Vanni, Pacciani e Lotti. Coincidente invece col profilo dell’F.B.I. di cui abbiamo già detto sopra.

-PISTA ESOTERICA : E’ “figlia naturale” delle condanne ai “compagni di merende”: evidentemente nemmeno la Procura di Firenze, ne la Cassazione credevano che avessero fatto tutto da soli. La sentenza definitiva infatti invita gli inquirenti a “cercare i mandanti” della banda. E lo stesso Lotti in passaggio in aula durante un’udienza ad una domanda del P.M. sul perché tagliassero via pezzi di pube e di seno delle vittime femminili rispose così: “Il Pacciani le dava ad un farmacista che gliele pagava” ! BUM ! Di qui la pista “esoterica”: si verificò infatti che gli omicidi erano compiuti tutti in giorni pre o post festivi o in notti senza luna, inoltre in prossimità dei delitti vennero trovati strani cerchi di pietre, strani segni sul terreno e c’è poi la storia del tralcio di vite infilata nella vagina di una delle vittime. Tutti elementi che fecero pensare a sette sataniche che commissionavano i delitti, per poi usare i pezzi dei corpi femminili mutilati in messe nere, strani riti esoterici ecc. Inoltre, a casa del Pacciani furono ritrovati 3 libri di magia nera e, cosa più importante, un povero contadino come lui che lavorava poco e niente, aveva 3 case di proprietà  più di 150 milioni di lire dell’epoca sui conti postali : da dove venivano quei soldi ? Erano, come disse Lotti, il pagamento di qualche setta per il lavoro sporco dei compagni di merende ? Gli investigatori ci credono e indagano : arriva l’incriminazione del farmacista di San Casciano (che conosceva il Pacciani) Francesco Calamandrei quale mandante dei delitti del mostro e quale mandante del delitto Narducci. Narducci era un medico e prof. universitario di Perugia trovato morto affogato nel 1985, poco dopo l’ultimo duplice omicidio del mostro, nel lago Trasimeno in circostanze misteriose. In una intercettazione di molti anni dopo si collegò questa morte a quelle del mostro di Firenze, gli investigatori esumarono il corpo e scoprirono che effettivamente si era trattato di probabile omicidio per strozzamento e non di incidente, pare poi che vi fosse stata pure una strana sostituzione di cadavere all’epoca del riconoscimento della salma che sarebbe servita ad occultare l’omicidio. Omicidio sì, ma il collegamento coi delitti del mostro è assai labile e non si saprà mai chi ha (probabilmente) ucciso Narducci e perché (qualcuno vociferò che potesse sapere qualcosa dei delitti del mostro e dei mandanti e che perciò fosse stato zittito). L’ ipotesi accusatoria contro Calamandrei resta perciò priva di riscontri oggettivi e sostenuta quasi esclusivamente dalla testimonianza della ex moglie del Calamandrei, poi riconosciuta malata di mente tempo dopo, e si arriverà ad una assoluzione con formula piena del farmacista in tutti i gradi di giudizio sia come mandante dei compagni di merende che come mandante del delitto Narducci.ALTRE TEORIE – Come detto i fiumi di inchiostro sono scorsi impetuosi in questi anni e altre, più o meno fantasiose, teorie si sono affacciate all’orizzonte per poi scomparire dietro le colline nello spazio di un mattino: di recente un ex militare USA ha confessato di essere sia Zodiac (leggendario serial killer americano mai catturato) che il Mostro di Firenze: tempi e luoghi non corrispondono; altre tesi volevano che il mostro fosse un ex appartenente alla Legione straniera francese, conoscente di Pacciani (G. Vigilanti) con la passione per le armi che si vanta di aver ucciso centinaia di nemici in Indocina quando militava nella Legione; in altre ancora fu tirato in mezzo il grande scrittore Alberto Bevilacqua e la poetessa e la sensitiva (!) che lo tirarono in mezzo furono condannate per calunnia aggravata; un’altra tesi parla di un medico svizzero in trasferta dedito alla mummificazione dei cadavari (anche quelli dei suoi familiari…). Insomma una ridda incontrollata di voci senza riscontro e fondamento reali.

Insomma chi era/è/erano il mostro di Firenze? I compagni di merende da soli ? Al soldo di qualcuno ? Uno dei “sardi” ? Un uomo in divisa, un ex legionario, un famoso giornalista, un famoso scrittore, un medico, un farmacista ? O un’altra persona ancora, una persona misteriosa mai sfiorata dalle indagini (per cui sarebbe quasi ora di dar corso a vari esami del D.N.A. che negli anni ’70 non esistevano, ma oggi sì)? Mario Spezi morì nel 2016 sicuro che il vero colpevole non sarebbe mai stato incastrato dalla giustizia (ma che lui lo aveva scovato). Le sentenze definitive dicono altro: ma solo per 4 degli 8 duplici delitti. E i restanti 4 ??

 – scritto il 21/08/2019 in corrispondenza del 51esimo anniversario del primo delitto del mostro di Firenze. In una notte senza Luna. 

   

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